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Assisi Attualità

È arrivata ad Assisi la famiglia irachena che potrà trovare una nuova vita e cure mediche adeguate, grazie al progetto dei Letti di Francesco.

Assisi, 26 ottobre 2016 – È arrivata nella mattinata di mercoledì 26 ottobre 2016 all’aeroporto di Fiumicino e nel pomeriggio ad Assisi, la famiglia irachena che – grazie alla collaborazione tra il Serafico di Assisi, don Mario Cornioli, sacerdote in servizio al Patriarcato Latino di Gerusalemme che ha accompagnato la famiglia in Italia e si è adoperato per il loro arrivo, e il programma di reinsediamento gestito dal Ministero dell`Interno – Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione – potrà trovare una nuova vita e cure mediche adeguate, grazie al progetto dei Letti di Francesco.

 

Il progetto dei Letti di Francesco, nato dopo che il Serafico ha avuto l’autorizzazione dalla Regione Umbria ad organizzare dei posti letto per bambini o ragazzi disabili provenienti da qualsiasi parte del mondo, è finanziato grazie alla carità e alla solidarietà dei donatori, con risorse proprie dell’Istituto. “Questi posti con tutte le necessità strumentali, di organico e di figure sanitarie specializzate saranno totalmente a carico della carità, della solidarietà delle persone, perché quando c’è un bambino che soffre in qualsiasi parte della Terra, non si può perdere tempo con la burocrazia, con le sue lentezze, con i suoi limiti territoriali”. È ispirato dalle parole di Papa Francesco, la cui storica visita all’istituto del 2013 ha spinto lo stesso centro di riabilitazione ad aprire le sue porte ai bambini disabili gravi provenienti dalle zone più povere del mondo, anche visti gli incessanti inviti del Papa alla Chiesa e a tutti i fedeli “a uscire”, a non rimane chiusi nelle strutture. Parole più che mai attuali, dopo che anche mercoledì 26 ottobre, nel corso dell’udienza generale, Francesco ha salutato i fedeli ricordando loro che “L’unica via di soluzione è quella della solidarietà. Solidarietà con il migrante, solidarietà con il forestiero”.

 

“È un modo per reagire a questa guerra insensata. Non è possibile rimanere indifferenti, chiusi nella nostra quotidianità come se non stesse accadendo niente, come se l’umanità non fosse minacciata. Questa guerra sta falciando la vita dei bambini come non era mai accaduto prima, loro sono il nostro presente, il nostro futuro, la nostra speranza”, spiega la presidente del Serafico Francesca Di Maolo, partita da Assisi mercoledì mattina alle 4 insieme a Giocondo Leonardi, direttore generale del Serafico di Assisi, e al dottor Sandro Elisei, direttore sanitario dell’Istituto, e commossa per l’arrivo della famiglia.

 

Un arrivo su cui il Serafico ha lavorato per mesi, stante l’assenza, in estate, di accordi che permettessero il trasferimento dei profughi iracheni in Italia: “Per cercare di accelerare le cose – spiega ancora Di Maolo – ho scritto una lettera all’ambasciatore italiano ad Amman, impegnandomi, come Presidente del Serafico, al ricovero della bambina e rappresentavo la disponibilità della Caritas ad accogliere la Famiglia. Ma non è bastato. A settembre siamo venuti a sapere che il governo italiano avrebbe previsto dei trasferimenti anche da Amman, e il 4 ottobre, mentre ero al Sacro Convento per la festa di San Francesco, mi è arrivata una telefonata dal ministero dell’Interno che chiedeva se eravamo ancora disponibili ad accogliere la famiglia. Suor Elisa Carta, la direttrice della Caritas Diocesana, è seduta proprio accanto a me e Padre Mauro, il Padre Custode del Sacro Convento, è poco lontano da noi.  Basta uno sguardo d’intesa per decidere: siamo disposti”. La permanenza ad Assisi della famiglia irachena è possibile anche grazie al prezioso contributo della Caritas diocesana di Assisi – Nocera Umbra e Gualdo Tadino, che si occuperà dell’accoglienza, e al Sacro Convento di Assisi, che ha messo a disposizione una casa.

 

Altro ospite dei letti di Francesco è Eddy, un bambino microcefalo di 6 anni che arriva da un piccolo paesino del Kosovo dove viveva in condizioni di estrema povertà con i suoi genitori e i suoi 3 fratelli. Eddy soffre di una tetraparesi spastica, serie difficoltà ad alimentarsi, soffre di epilessia e continui problemi respiratori, un quadro clinico troppo pesante per i suoi genitori che lo hanno lasciato partire per l`Italia. Oggi il piccolo (che sta reagendo bene alle prime terapie; dopo la stabilità clinica, partiranno le terapie) è stato accolto in affido da una famiglia di Deruta ed è in cura al Serafico dove è stato elaborato per lui un “Progetto Riabilitativo Individuale”, definito da un’équipe multidisciplinare di alta specializzazione. “Dal campo Caritas in Kosovo – ha spiegato la presidente Di Maolo, che qualche settimana fa è stata in quelle zone accompagnata da una delegazione del Serafico – ci sono arrivate tante richieste di aiuto. In passato sono stati fatti degli interventi occasionali, ma è il tempo di iniziare a costruire qualcosa per tutti quei bimbi che potrebbero iniziare a scoprire la vita, togliersi quel brutto abito della vergogna cucito loro addosso dai loro stessi genitori”.

 

 

Da Kirkuk ad Assisi
Storia di una famiglia cristiana in fuga dall’Iraq

 

Minacciati perché cristiani dai miliziani dell’ISIS, Nameer e sua moglie Elham sono costretti a lasciare la loro città natale Kirkuk, insieme ai loro 4 figli, uno con una paralisi celebrale dalla nascita e un altro con gravi problemi alla vista. Dall’Italia si muove il Serafico con il progetto “I letti di Francesco”, un innovativo progetto sanitario che estende le cure del centro di riabilitazione di Assisi anche ai bambini pluridisabili gravi che fuggono da paesi in guerra. La famiglia di rifugiati ha trovato finalmente una casa e soprattutto un posto dove poter assistere i loro figli.  

Negli anni Nameer e sua moglie Elham hanno formato una famiglia numerosa e felice. Lui veterinario, lei insegnante, a casa 4 figli, il maggiore con gravi problemi alla vista, il terzo, disabile per una paralisi celebrale alla nascita. Fino al 2014 vivevano felici nella città di Kirkuk, il più grande centro petrolifero dell’Iraq, dove seppur tra tante difficoltà hanno convissuto arabi sciiti e sunniti, curdi, assiri caldei e cristiani. Fino al tempo dell’ISIS. La sera del 2 giugno del 2014 Nameer stava tornando a casa dal lavoro quando all’improvviso è stato fermato da uomini armati con il volto coperto. Dopo essere stato tirato fuori dall’auto con la forza, si è ritrovato con un’arma puntata sulla fronte. “Conosciamo bene la tua famiglia di cristiani infedeli. Non avete il diritto di vivere in Iraq. Ve ne dovete andare, altrimenti vi uccideremo”.

 

Il passaggio da una vita felice al pericolo di morte è stato davvero troppo veloce per Nameer e la sua famiglia. “Ancora mi domando come sia riuscito a salvarmi da quella situazione”, racconta. “Quando sono tornato a casa ho avvertito mia moglie di non uscire più per nessun motivo e di non aprire la porta a nessuno”. Mentre partiva la corsa al reperimento di tutti i documenti necessari per scappare, Nameer, in cuor suo, conservava la speranza di poter crescere i suoi 4 figli nella città in cui lui stesso era nato e dove aveva conosciuto sua moglie. La sua casa non poteva essere una prigione per sempre, con pazienza contava semplicemente su tempi migliori, ma all’orizzonte si manifestavano solo gli scenari più cupi. Dopo poco tempo Kirkuk cadeva nelle mani dell’ISIS e una sera di fine luglio del 2014 il telefono di casa Nameer squillava insistentemente. Dall’altra parte della cornetta c’erano gli uomini che non volevano vederlo girare liberamente per le strade di Kirkuk. “Stai disobbedendo alla legge dell’ISIS restando in Iraq. Così dimostri di non prenderti cura della tua famiglia”.

 

Con questa minaccia telefonica finiscono le speranze di Nameer di poter trascorrere la sua vita in Iraq. L’8 settembre 2014 arrivano in Giordania, dove vengono accolti dalla Chiesa locale e la Nunziatura di Amman. Le minacce di morte sono finite, ma le condizioni di salute di due dei loro figli si aggravano, in particolare la figlia più piccola quattordicenne ad Amman non può seguire una corretta attività di riabilitazione e non ha accesso alle medicine necessarie. È stato Don Mario Cornioli, sacerdote toscano in servizio al Patriarcato Latino di Gerusalemme, a segnalare questo caso al Serafico che con il progetto “I Letti di Francesco” potrà dare nuova speranza a questa famiglia di rifugiati.

Il loro trasferimento in Italia è stato possibile grazie al programma di reinsediamento gestito dal Ministero dell’Interno – Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione e cofinanziato dal Fondo Asilo Migrazione e Integrazione dell’Unione Europea.

 

 

SERAFICO

Il Serafico, fondato nel 1871, è un modello di eccellenza italiana ed internazionale nella riabilitazione, nella ricerca e nell’innovazione medico scientifica per i ragazzi con disabilità plurime. Convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale per trattamenti riabilitativi residenziali, semiresidenziali ed ambulatoriali, il Serafico accoglie e cura ogni giorno 150 pazienti, provenienti da tutto il territorio nazionale, per un totale di 10.895 trattamenti riabilitativi e 12.322 trattamenti educativi-occupazionali all’anno (dati 2015). In una superficie complessiva di circa 10.000 mq, posta su di un’area di 40.000 mq, sono disponibili 70 posti letto in regime residenziale, 20 posti letto in regime semi-residenziale, oltre ad un servizio ambulatoriale e di valutazione diagnostica-funzionale. Le persone al servizio degli utenti sono 267: 162 dipendenti, 6 collaboratori e 99 volontari, che mettono in campo non solo capacità e competenze, ma anche un “capitale di umanità” in grado di entrare in sintonia con i pazienti.

 

 

 

Al via il progetto “I Letti di Francesco”, una finestra aperta sul mondo dei disabili gravi

 

Le cure offerte dal Serafico – attraverso un innovativo progetto socio-sanitario – si estendono anche ai bambini pluridisabili gravi che fuggono da paesi in guerra o da realtà dove non sono presenti condizioni idonee al loro percorso di cura e riabilitazione. Lo stimolo a pensare di accogliere bambini provenienti da tutto il mondo, dando vita a un vero e proprio corridoio umanitario che coinvolge istituzioni italiane ed internazionali, è arrivato direttamente da Papa Francesco nella sua storica visita al Serafico del 2013.

Due nuovi posti letto per i bambini disabili gravi che fuggono da guerre o situazioni di assoluto abbandono, da sostenere esclusivamente con la carità. È la nuova sfida del Serafico lanciata con il progetto “I Letti di Francesco”. La scelta del nome è significativa: se da un lato rimanda a San Francesco d’Assisi, a cui l’ente stesso si richiama anche nel nome, il santo infatti veniva chiamato “Serafico” per il suo ardore di carità, dall’altro è un omaggio a Papa Francesco, la cui storica visita al Serafico del 2013 ha spinto il centro di riabilitazione di Assisi ad aprire le sue porte per rivestire di dignità la vita dei bambini disabili gravi provenienti dalle zone più povere del mondo. Il filo rosso che unisce il predicatore per eccellenza dell’amore per il prossimo e Papa Bergoglio è la volontà del Serafico, nell’anno giubilare della misericordia, di non mettere confini all’accoglienza, anche di fronte al crescente fenomeno delle migrazioni internazionali che ha incrementato il bisogno di assistenza per la popolazione minore e disabile a cui spesso viene preclusa la possibilità di trasferirsi presso strutture adeguate.

I posti letti che abbiamo creato con questo progetto – dichiara Francesca Di Maolo, presidente del Seraficogodranno di tutte le necessità strumentali, di organico e di figure sanitarie specializzate e saranno totalmente a carico della solidarietà delle persone nella convinzione che tutti siamo responsabili e custodi della Vita. Quando c’è un bambino che soffre in qualsiasi parte della Terra, non si può perdere tempo con la burocrazia, con le sue lentezze, con i suoi limiti territoriali. Abbiamo deciso di non rimanere chiusi nel nostro centro sanitario, ma di uscire dai confini del nostra ordinaria operatività per offrire i nostri servizi e la nostra specializzazione anche ai bambini dimenticati, quelli per cui il Serafico potrebbe fare la differenza tra il sopravvivere e il vivere. Vogliamo che la vita vinca sempre, anche quando è ferita dalla guerra e dalla povertà”.

DALL’IRAQ E DAL KOSOVO I PRIMI DUE OSPITI DE “I LETTI DI FRANCESCO”

Negli anni Nameer e sua moglie Elham hanno formato una famiglia numerosa e felice. Lui veterinario, lei insegnante, a casa 4 figli: il maggiore con gravi problemi alla vista; il terzo disabile per una paralisi celebrale alla nascita. Fino all’arrivo dell’ISIS, vivevano felici nella città di Kirkuk, il più grande centro petrolifero dell’Iraq. La sera del 2 giugno del 2014 Nameer stava tornando a casa dal lavoro quando è stato fermato da uomini armati con il volto coperto. Dopo essere stato tirato fuori dall’auto con la forza, si è ritrovato con un’arma puntata sulla fronte. “Conosciamo bene la tua famiglia di cristiani infedeli. Non avete il diritto di vivere in Iraq. Ve ne dovete andare, altrimenti vi uccideremo”. La fuga è obbligata. L’8 settembre 2014 arrivano in Giordania, dove vengono accolti dalla Chiesa locale e la Nunziatura di Amman. Le minacce di morte sono finite, ma le condizioni di salute di due dei loro figli si aggravano, in particolare la figlia più piccola quattordicenne ad Amman non può seguire una corretta attività di riabilitazione e non ha accesso alle medicine necessarie. È stato Don Mario Cornioli, sacerdote toscano in servizio al Patriarcato Latino di Gerusalemme, a segnalare questo caso al Serafico che con il progetto “I Letti di Francesco” potrà dare nuova speranza a questa famiglia di rifugiati. Il loro trasferimento in Italia è stato possibile grazie al programma di reinsediamento gestito dal Ministero dell’Interno – Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione e cofinanziato dal Fondo Asilo Migrazione e Integrazione dell’Unione Europea.

Eddy, un bambino microcefalo di 6 anni, è arrivato in Italia da un piccolo paesino del Kosovo dove viveva in condizioni di estrema povertà con i suoi genitori e i suoi 3 fratelli. Eddy ha una tetraparesi spastica, serie difficoltà ad alimentarsi, soffre di epilessia ed è soggetto a continui problemi respiratori. Un quadro clinico troppo pesante per i suoi genitori che lo hanno lasciato partire per l’Italia. Oggi Eddy è stato accolto in affido da una famiglia di Assisi ed è in cura al Serafico dove è stato elaborato per lui un “Progetto Riabilitativo Individuale”, definito da un’équipe multidisciplinare di alta specializzazione. Il primo obiettivo è arrivare ad una stabilità clinica, dopodiché si partirà con la fase riabilitativa. Eddy sta già reagendo molto bene alle prime terapie. “Nei primi giorni era praticamente immobile, ora attira l’attenzione con un lamento, sorride sempre, è rilassato. In poche settimane è diventato un altro bambino”, racconta Laura, un’operatrice del Serafico. Gli stimoli affettivi, tattili, e corporei che sta ricevendo confermano la validità del “metodo Serafico”: la relazione incide sui trattamenti.L’abbraccio, la risposta ad uno stimolo, ogni manovra o azione di riabilitazione nel bambino, come nell’adulto, passa attraverso la relazione che è fatta di contatto, tono di voce, di empatia. Bisogna saper cogliere i bisogni e rispondervi”, spiega Sandro Elisei, Direttore sanitario del Serafico.

DISABILI NEL MONDO, UN MILIARDO DI ULTIMI TRA DIFFICOLTÀ E DIRITTI NEGATI

Secondo il Primo Rapporto Mondiale sulla Disabilità, messo a punto nel 2011 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e Banca Mondiale, sono oltre un miliardo le persone, circa il 15% della popolazione mondiale, che vive con qualche forma di disabilità e almeno 93 milioni sono bambini. Sono loro ad essere maggiormente colpiti dalle forme più diverse di esclusione, a seconda del tipo di disabilità che presentano, del luogo in cui vivono e della cultura o della classe sociale a cui appartengono. La disabilità colpisce soprattutto i paesi più poveri, teatro spesso di eventi bellici, dove è facile che i servizi di riabilitazione siano spesso inadeguati, se non addirittura inesistenti. Nel sud del mondo, denuncia il Rapporto UNICEF “La condizione dell’infanzia nel mondo 2013 – Bambini e disabilità”, tra i 250.000 e i 500.000 bambini sono a rischio di diventare ciechi per mancanza di vitamina A, che costa solo pochi centesimi. La differenza di genere è un altro fattore chiave di discriminazione: le bambine con disabilità hanno minori possibilità, rispetto ai coetanei maschi, di ricevere cibo o cure. Anche se si guarda più in generale al mondo del lavoro, la disparità è ben evidente: le privazioni subite nell’infanzia possono limitare l’accesso a un impiego o alla partecipazione ad una vita produttiva. Perfino nei paesi OCSE, la percentuale di occupati tra le persone disabili è del 44%, mentre sale al 75% tra i normodotati.

SERAFICO.
Il Serafico, fondato nel 1871, è un modello di eccellenza italiana ed internazionale nella riabilitazione, nella ricerca e nell’innovazione medico scientifica per i ragazzi con disabilità plurime. Convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale per trattamenti riabilitativi residenziali, semiresidenziali ed ambulatoriali, il Serafico accoglie e cura ogni giorno 150 pazienti, provenienti da tutto il territorio nazionale, per un totale di 10.895 trattamenti riabilitativi e 12.322 trattamenti educativi-occupazionali all’anno (dati 2015). In una superficie complessiva di circa 10.000 mq, posta su di un’area di 40.000 mq, sono disponibili 72 posti letto in regime residenziale, 20 posti letto in regime semi-residenziale, oltre ad un servizio ambulatoriale e di valutazione diagnostica-funzionale. Le persone al servizio degli utenti sono 267: 162 dipendenti, 6 collaboratori e 99 volontari, che mettono in campo non solo capacità e competenze, ma anche un “capitale di umanità” in grado di entrare in sintonia con i pazienti.

 

26/10/2016
Ufficio stampa Serafico

 

 

 

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