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Assisi Cultura

Nella solennità di San Rufino monsignor Sorrentino annuncia la seconda visita pastorale e lancia un messaggio: " L’appello del vescovo alla Chiesa: “Torniamo a testimoniare veramente il Vangelo”.

ASSISI  – Un appello alla Chiesa e alla città tutta a farsi interprete di un vero messaggio di pace e di fraterna accoglienza lo ha lanciato sabato 12 agosto il vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino monsignor Domenico Sorrentino durante la celebrazione per la solennità del patrono San Rufino che, oltre a una ricca partecipazione di autorità civili, militari, religiose e fedeli, è stata anche seguita attraverso la diretta sulla pagina Facebook della diocesi. Monsignor Sorrentino ha annunciato che, anche alla luce del momento economico particolarmente difficile per gli operatori economici di Assisi, è sua intenzione fare una visita agli operatori commerciali ed alberghieri della città per “un saluto fraterno e una benedizione” e indire l’anno prossimo la seconda visita pastorale. Ripercorrendo la vita di San Rufino anche lui in qualche modo un “rifugiato” perché veniva dalla Turchia il vescovo ha evidenziato tre parole chiave: evangelizzatore, pastore e martire. “Rufino – ha sottolineato il vescovo – dice l’attualità della prima evangelizzazione. Non bastano più le belle e dorate celebrazioni di un cristianesimo poco più che folkloristico. Occorre riportare il vangelo nelle case e nei cuori. Occorre annunciarlo con l’ardore dei primi tempi cristiani. Tutto qui il nostro progetto delle “famiglie del vangelo”.  Tutto qui anche il senso del prossimo triennio pastorale dedicato alla riscoperta della preghiera liturgica”. Per quanto riguarda il concetto di martirio monsignor Sorrentino ha riportato l’attenzione dei tanti fedeli al primo pellegrinaggio del Pontefice nel 2013. “Nella sua visita al Sala della Spogliazione, quattro anni fa – ha detto il vescovo – papa Francesco – denunciò un ‘cristianesimo da pasticceria’, che cioè sforna cristiani belli da vedere nelle rituali celebrazioni, ma che non insaporano il mondo con il loro vissuto evangelico. Basta con la mediocrità. Assisi non può vivere di appuntamenti retorici. Tornando ancora a quanto papa Francesco ci disse nella sua visita del 2013 occorre spogliarci dello spirito del mondo, per rivestendoci di Cristo. La ‘spogliazione’ di Francesco non può essere solo raccontata come una bella fiaba. È gesto profetico da accogliere, è messaggio da vivere. Il Santuario della Spogliazione – ha aggiunto ancora – è nato per questo: come ‘pugno nello stomaco’ delle nostre mediocrità, del nostro cristianesimo di routine, delle nostre tradizioni imbellettate, mentre la nostra vita resta abbarbicata alla logica mondana. Forse le critiche che ci vengono, come Chiesa, da tante lingue malevoli  spesso sono infondate e ingenerose. Ma tante volte hanno fondamento. In ogni caso dobbiamo ringraziare, se ci spingono a un esame di coscienza. È tempo  di una Chiesa ‘martire’, che dia testimonianza del vangelo a tutto tondo”. Continuando su questo discorso e approfondendo il concetto di San Rufino come “pastore” monsignor Sorrentino ha aggiunto: “È tempo di una Chiesa che, a partire da noi vescovi, sacerdoti e diaconi, ma anche dalle persone di vita consacrata, dai genitori cristiani, ricomprenda la sua vocazione pastorale, facendosi vicina alle persone, andando a cercarle lì dove esse vivono, dando la mano alle più abbandonate e ferite. L’anno venturo, a Dio piacendo, proprio nella solennità di san Rufino indirò la seconda visita pastorale.  Ma fin d’ora desidero che ci impegniamo tutti a questo lavoro di presenza, di cura, di accompagnamento. Comincerò io stesso nella nostra città, andando nei luoghi che ne sono espressione caratteristica, visitando personalmente, per un saluto fraterno e una benedizione – che spero vogliano essere a tutti graditi – quei luoghi in cui una città turistica come la nostra, anche al di là dei centri espressamente religiosi come i nostri Santuari, si fa incontro, accoglienza, servizio. Mi riferisco agli esercizi pubblici di ogni tipo. Vorrei poter dire a quanti sono impegnati in questo settore, e che oggi, per ragioni contingenti stanno forse un po’ soffrendo: facciamo tutti del nostro meglio, per essere una città accogliente, amabile, attraente, capace di  esprimere valori in piena sintonia con quelli insegnati da Rufino e vissuti da Francesco e Chiara. Una città dove ci si possa incontrare”. E infine da Assisi nella solennità di San Rufino il vescovo ha lanciato un appello alla pace: “Da questa città in cui tutto parla di pace – ha concluso monsignor Sorrentino – nella festa del patrono, giunga un’implorazione di saggezza anche ai grandi e potenti del mondo. Il rosario che reciterò il 15 di agosto, solennità dell’Assunzione di Maria, nel Santuario della Spogliazione, avrà questa intenzione speciale. Spero che tanti anche da casa, si uniscano nella preghiera”.

 
 
OMELIA NELLA FESTA DI SAN RUFINO 12 agosto 2017
 
La nostra Città è ricca di santi. Mi viene di paragonarla a un  albero dalla chioma frondosa e piena di frutti. Quando dalla celebrazione della santità più nota ed universale, quella di Francesco e Chiara, che attira qui tanti pellegrini, si arriva alla festa del nostro patrono s. Rufino,  sembra quasi scendere di tono. Non è così.   Si tratta solo di scendere dalla chioma, attraverso il tronco, alle radici dell’albero.   Rufino è la radice. Quando, otto secoli fa, non c’erano ancora ad Assisi le grandi Basiliche e due giovani esistenze, come quelle del figlio di Pietro di Bernardone e  di Chiara degli Offreducci, cercavano il senso della loro vita, il nostro Patrono già vigilava sul loro cammino. La loro santità  trasse linfa vitale dal  sangue del vescovo martire.
La  figura di san Rufino non impallidisce  alla luce  dei  santi più noti. E si presenta più attuale che mai. Proviamo ad avvicinarla col filtro di tre parole: evangelizzatore, pastore, martire.
 
Evangelizzatore.
L’Assisi dei tempi di Rufino era ancora alla ricerca della sua identità. La nuova fede in Gesù si contendeva il campo con l’antica religione precristiana.  Stando ai pochi cenni della Passio sancti Rufini questa figura di evangelizzatore, padre della nostra fede, veniva dalla Turchia, spinto in Italia dall’urto della persecuzione. In qualche modo era anche lui un “rifugiato” – per usare un concetto dei nostri tempi. Ad Assisi portò la parola di Cristo. Ad Assisi diede la vita per Cristo.
 
Tempi lontani, certo. Siamo nel III secolo dell’era cristiana. Ma la storia conosce corsi e ricorsi. E chi non vede che i tempi di Rufino stanno, in qualche modo tornando?
Dentro un mondo insanguinato, in tante “regioni” e per tante “ragioni” – e, si badi bene,  nessuna guerra, nessuna violenza ci lascia indifferenti! – c’è anche una vistosa componente persecutoria nei confronti dei  discepoli di Cristo. Diversi paesi del mondo, specie in Medio Oriente, ne conoscono il dramma. Poche le voci che si levano alte, forti e perseveranti nel denunciarlo.
Nella nostra Europa, dal crollo dei regimi comunisti in poi,  non c’è sentore di violenza fisica contro i cristiani. C’è tuttavia un  allontanamento  sempre più evidente dalle radici cristiane, che talvolta assume anche i tratti di un laicismo intollerante, dentro un cambiamento epocale di valori, di pensieri e di costume, che sono antitetici al vangelo di Cristo.
Rufino dice l’attualità della prima evangelizzazione. Non bastano più le belle e dorate celebrazioni di un cristianesimo poco più che folkloristico.  Occorre riportare il vangelo nelle case e nei cuori. Occorre annunciarlo con l’ardore dei primi tempi cristiani. Tutto qui il nostro progetto delle “famiglie del vangelo”.  Tutto qui anche il senso del prossimo triennio pastorale dedicato alla riscoperta della preghiera liturgica. Dopo un Sinodo che ci ha dato una visione di futuro e i lunghi anni dedicati alla riscoperta della Parola di Dio – impegno che deve rimanere fondamentale –vogliamo darci un tempo in cui riscoprire come la Parola di Dio  si fa preghiera e celebrazione. La preghiera è il respiro dell’anima. La Liturgia è la fonte e il culmine di tutta la vita ecclesiale. Ma niente è scontato. Anche gli Apostoli chiesero al Signore: “Insegnaci a pregare”.  Sarà la nostra implorazione dei prossimi anni pastorali.
 

  • Martirio.

Ecco un’altra parola da riscoprire. Al di là della sua connotazione più radicale dell’effusione del sangue in nome della fede, c’è da comprendere il significato etimologico e la connotazione quotidiana di questa parola. Martire significa testimone. Rufino ci invita a  un cristianesimo che non si balocchi di parole, ma metta in gioco delle esistenze. Nella sua visita al Sala della Spogliazione, quattro anni fa, papa Francesco denunciò un “cristianesimo da pasticceria”, che cioè sforna cristiani belli da vedere nelle rituali celebrazioni, ma che non insaporano il mondo con il loro vissuto evangelico. No, non basta ad Assisi che la testimonianza sia stata data una volta per tutte da Francesco e Chiara. Per quanto essi non smettano di parlare, c’è bisogno oggi di mettere in gioco noi stessi, cercando di rinnovare la nostra vita cristiana in tutte le sue espressioni, trasmettendo alle nuove generazioni il vangelo come avventura entusiasmante, tutta da vivere
Basta con la mediocrità. Assisi non può vivere di appuntamenti retorici. Tornando ancora a quanto papa Francesco ci disse  nella sua visita del 2013 occorre spogliarci dello spirito del mondo, per rivestendoci di Cristo. La “spogliazione” di Francesco non può essere solo raccontata come una bella fiaba. È gesto profetico da accogliere, è messaggio da vivere.   Il Santuario della Spogliazione è nato per questo: come “pugno nello stomaco” delle nostre mediocrità, del nostro cristianesimo di routine, delle nostre tradizioni imbellettate, mentre la nostra vita resta abbarbicata alla logica mondana. Forse le critiche che ci vengono, come Chiesa, da tante lingue malevoli  spesso sono infondate e ingenerose. Ma tante volte hanno fondamento. In ogni caso dobbiamo ringraziare,   se ci spingono  a un esame di coscienza. È tempo  di una Chiesa “martire”, che dia testimonianza del vangelo a tutto tondo.
 
Ecco la terza parola chiave per rileggere san Rufino. È il concetto biblico che abbiamo sentito rimbalzare nelle tre letture proclamate. Dio stesso si è fatto pastore del suo popolo, e lo mostra pienamente in Gesù, il buon pastore che conosce e sue pecorelle e non esita a dare se stesso per loro. Anche Paolo – lo abbiamo ascoltato – scrivendo  ai cristiani di Tessalonica, con amore paterno e materno insieme, esprime il desiderio  di dare, insieme col vangelo, la sua stessa vita.
È tempo di una Chiesa che, a partire da noi vescovi, sacerdoti e diaconi, ma anche dalle persone di vita consacrata, dai genitori cristiani,  ricomprenda la sua vocazione pastorale, facendosi vicina alle persone, andando a cercarle lì dove esse vivono, dando la mano alle più abbandonate e ferite. L’anno venturo, a Dio piacendo, proprio nella solennità di san Rufino indirò la seconda Visita Pastorale.  Ma fin d’ora desidero che ci impegniamo tutti a questo lavoro di presenza, di cura, di accompagnamento. Comincerò io stesso nella nostra Città, andando nei luoghi che ne sono espressione caratteristica, visitando personalmente, per un saluto fraterno e una benedizione – che spero vogliano essere a tutti graditi – quei luoghi in cui una città turistica come la nostra, anche al di là dei centri espressamente religiosi come i nostri Santuari,  si fa incontro, accoglienza, servizio. Mi riferisco agli esercizi pubblici di ogni tipo. Vorrei poter dire a quanti sono impegnati in questo settore, e che oggi, per ragioni contingenti  stanno forse un po’soffrendo: facciamo tutti del nostro meglio, per essere una città accogliente, amabile, attraente, capace di  esprimere valori in piena sintonia con quelli insegnati da Rufino e vissuti da Francesco e Chiara. Una città dove ci si possa incontrare. Dove dagli amministratori ad ciascun cittadino tutti cerchiamo di fare del nostro meglio. Una città che non ceda al chiacchiericcio sterile  per essere una Città delle grandi parole e dei grandi pensieri, in cui anche le differenze  vengono espresse con il garbo dei modi e il coraggio di guardarsi negli occhi.
Desidero dare il buon esempio, ma certo non da solo. È tutta la nostra Chiesa, le nostre parrocchie, le nostre comunità religiose, che desidero coinvolgere.  Solo una Chiesa con questo volto fraterno, familiare e solidale  può essere capace di dire una parola credibile che vada anche oltre se stessa. Una parola di pace. Parola, quest’ultima, che  vogliamo comunque gridare, andando ben oltre le nostre mura cittadine, mentre guardiamo attoniti ad un mondo che, come se non bastassero i tanti conflitti regionali spesso anche dimenticati, sta vivendo proprio in queste giorni l’esperienza incredibile di minacciosi dialoghi a distanza che potrebbero preludere  ad avventurismi bellici addirittura nucleari, che speravamo ormai cancellati dal vocabolario mondiale. Da questa Città in cui tutto parla di pace, nella festa del patrono, giunga un’implorazione di saggezza anche ai grandi e potenti del mondo. Il Rosario che reciterò il 15 di agosto, solennità dell’Assunzione di Maria, nel Santuario della Spogliazione, avrà questa intenzione speciale. Spero che tanti anche da casa, si uniscano nella preghiera. San Rufino ci sproni tutti a un rinnovamento di vita e benedica la nostra comunità diocesana, questa comunità parrocchiale che porta il suo nome, l’intera nostra Città. Amen.
 

12/08/2017
Antonella Porzi

Ufficio stampa
Diocesi Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino

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